Natura Ribelle

Annamaria Di Sibio

 

Introduzione


 La terra imprecava torbide acque, ingiallite da fiumi di memorie perdute nel turbinìo di epocali cambiamenti: storie sbiadite dall'incuria e dall'abbandono; cicatrici sociali che insieme al paesaggio lesinavano tutto, persino il valore dell'umana dignità. Nessun antidoto a quello stato tribale di triste desolazione avrebbe potuto recidere le consunte radici di uno squallore indegno, fatiscente, come i sentimenti che si confondevano nell'ateismo di convenevoli convenzioni sociali, merce di scambio di un consumismo privo di umana compassione. Era la fine di tutto, o l'inizio del niente. Persino il silenzio si lasciava inquinare dal fruscìo evanescente di una natura stanca, innaturale nelle fattezze, nei colori sbiaditi, nelle ordinarie potature artefatte da una disumanità maniacale, seriale che tutto distrugge, anche la vita. La volontà di riscatto veniva inghiottita dall'impotenza di una costernazione che sanguinava aliti di vento bruciati da remote tempeste, folgorate dall'orrore dell'indifferenza: un mondo di plastica, indifferenziato dall'immondo immondezzaio dell'inciviltà. Un mondo della ragione governato da regole di un ragionato caos: querce secolari barbaramente uccise e trasformate in feticci di carta, tra le banconote di nefasti crimini, oltraggio all'umana coscienza. E, adesso, il nulla: insieme al dio denaro, la natura incombe, perisce, si ribella, distrugge, uccide. E si lascia morire.



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